A partire dall’irruzione di Starbucks nelle abitudini dei consumatori, il mondo del caffè ha conosciuto una vitalità e un interesse letteralmente sconfinati. Come spesso accade in questi casi, la corsa a scommettere sul futuro del settore ha scatenato la fantasia degli addetti ai lavori. E così, stabilite “ufficialmente” le prime tre ondate che hanno trasformato il caffè da commodity a moda - con l’esplosione degli specialty beverage sullo stile dell’Orange Mocha Frappuccino di Zoolander e del “famigerato” spice pumpkin latte del colosso di Seattle - a territorio in cui esercitare l’arte dell’intenditore, con l’attenzione speciale a tutto il processo bean-to-cup e la diffusione delle piccole torrefazioni locali, quale sarà, se ci sarà, la fourth wave?
Intenditori a caccia di nuove esperienze.
Una visione, forse un po’ elitaria perché si possa parlare davvero di “ondata”, preconizza per il caffè un’evoluzione sempre più simile a quella del vino, in una sorta di consolidamento della third wave. Ovverosia, un po’ come accade per il turismo enologico con le visite alle vigne e alle cantine, si presuppone un pubblico talmente “cultore” da recarsi nei luoghi di origine del caffè, per effettuare degustazioni direttamente nelle coffee farms colombiane, brasiliane o costaricane. Una prospettiva interessante, ma forse poco realistica nel breve periodo. Di certo, è un punto di vista che crede fortemente in una visione della sostenibilità legata non solo alla salvaguardia delle risorse ambientali, ma anche e soprattutto all’empowerment dei coltivatori all’origine, sul modello dei produttori di vini italiani e francesi.
Una versione probabilmente più realistica di questa prospettiva legata alla figura del coffee connoisseur vede il diffondersi dell’abitudine di avere a disposizione nei locali una “carta dei caffè”, sul modello della carta dei vini, che consentirà ai frequentatori di bar e ristoranti di scegliere il proprio espresso preferito sulla base delle varianti di gusto e aroma.
Il futuro è nelle stelle.
Una seconda prospettiva si concentra sui baristi. Anche in questo caso, si tratterebbe della “glamourizzazione” definitiva di una tendenza già in atto, che vede nella figura del barista quella di un “terminale dell’eccellenza” nel sistema caffè. Secondo questo punto di vista, sarà sempre più normale parlare di “baristi superstar”, affermati a livello internazionale non solo tra gli addetti ai lavori ma anche più generalmente tra gli appassionati, come già avviene per gli chef e, in maniera meno mediatizzata, per i grandi sommelier. Il ruolo del barista superstar non sarà semplicemente quello di celebrity, ma anche e soprattutto di essere motore per lo sviluppo del mondo del caffè: creando nuove ricette, promuovendo diverse modalità di degustazione e diffondendo conoscenza sulle caratteristiche organolettiche delle diverse varietà e delle fasi di preparazione.
Come prima, più di prima.
E se la 4th wave of coffee fosse già qui? Lo dice chi ritiene di poter definire “quarta ondata” la globalizzazione della terza. L’interesse dei grandi gruppi multinazionali per realtà più piccole che hanno saputo ritagliarsi spazi interessanti nei propri mercati puntando sulla ricerca del caffè alle origini, sulla qualità del roasting e sull’offerta di un caffè più “hipster”, per così dire, sarebbe la dimostrazione del fatto che il futuro non sta in un nuovo paradigma, bensì nella diffusione su larghissima scala dell’ultima “big thing”, attraverso i muscoli della distribuzione e del marketing.
Big Tech.
Anche la tecnologia potrebbe dire la sua, nella scelta dei protagonisti della next wave del caffè. In particolare, attraverso un controllo accurato e rigorosamente scientifico di tutte le fasi che portano un chicco a trasformarsi nella tanto amata bevanda. A partire da una conoscenza sempre più approfondita delle proprietà della materia prima, passando per una determinazione sempre più precisa della perfetta “brewing ratio”, fino a considerazioni relative alla chimica dell’acqua e al suo impatto nella resa finale in tazza.
E la sostenibilità?
C’è chi invece è pronto a scommettere che la 4th wave of coffee sarà del tutto incentrata sulla sostenibilità e sui molti ambiti in cui la tutela dell’ecosistema planetario può riguardare da vicino il mondo del caffè. Sostenibilità intesa come attenzione all’impatto dei cambiamenti climatici sull’attività dei coltivatori. Ma anche come sostenibilità delle singole imprese locali per non replicare le vicende di aziende fallite a causa degli elevati costi sostenuti per coltivare caffè “signature”, a fronte dei quali è risultato impossibile garantirsi una sopravvivenza di lungo periodo. Senza dimenticare la sostenibilità degli imballaggi, con un focus sempre più mirato sui materiali riciclabili. Dunque, più generalmente, la 4th wave of coffee consisterebbe nella strutturazione di una filiera in cui ad ogni step corrisponde un “win”: per chi coltiva, per chi trasforma, per chi vende e per chi sorseggia. E, naturalmente, per il pianeta.
Sempre più on-the-go.
Un portato della second wave, ereditato dalla third, potrebbe diventare un candidato da tenere d’occhio per la fourth wave. Stiamo parlando della “portabilità” del caffè, rispetto alla quale si stanno sviluppando interessanti novità, favorite dal recente revamp del caffè freddo apportato da cold brew e cold drip, in termini sia di flavoring, sia di packaging, dove anche le lattine, in diversi formati, stanno cercando di guadagnare il proprio spazio al centro della scena.
E dopo la pandemia?
Se da un lato non vediamo l’ora di riversarci liberamente in bar e ristoranti, dall’altro è difficile immaginare un mondo in cui alcuni dei comportamenti d’acquisto maturati durante la pandemia non faranno sentire ancora la propria importanza. E se la 4th wave of coffee si sviluppasse… nelle nostre case? Tre sono le direttrici da tenere d’occhio, da questo punto di vista. La prima: un aumento progressivo della scelta e della qualità dei caffè in capsula. La seconda: un’attenzione più focalizzata all’home brewing, anche in questo caso nell’ottica di migliorare la qualità, ma anche la semplicità d’uso e la convenienza delle macchine per la casa. La terza, immancabile: l’e-commerce, penetrato di prepotenza nelle abitudini d’acquisto di un numero sempre più elevato di consumatori, che hanno oggi a disposizione una scelta davvero vasta di miscele da provare, tutte a portata di click.