Il contesto della pandemia ha messo al centro delle attenzioni di tutti in primo luogo la sicurezza sanitaria, evidenziando - soprattutto nella prima fase - una grande tensione tra medicina territoriale, sanità regionale e linee guida governative.
Naturalmente, in qualità di primo presidio di salute sul territorio, il mondo delle farmacie non è rimasto estraneo a questa dialettica. Ma le sfide per il settore sono molto più ampie, e in alcuni casi il Covid-19 ha evidenziato o accresciuto l’importanza di questioni già aperte.
Per semplificare, considerando dal nostro punto di vista la comunicazione come un focus primario di interesse, possiamo individuare tre grandi aree in cui il ruolo e le caratteristiche della farmacia avvertiranno le più decisive sollecitazioni al cambiamento: i servizi erogati; le dinamiche retail; la digitalizzazione.
Servizi? Sì, ma si può fare di più.
Il modello della cosiddetta “Farmacia dei Servizi” è stato introdotto per legge ormai da oltre un decennio. Tuttavia, nel caso specifico del Covid-19, solo a partire da agosto dovrebbe (la precauzione del condizionale è ancora d’obbligo) essere stata avviata la macchina che consentirà anche alle farmacie di diventare un hub vaccinale a tutti gli effetti. Ovvero non solo “in potenza”, ma anche realmente utilizzato dai cittadini: un punto evidentemente rilevante in vista di una probabile terza dose.
Stando a quanto appare consultando gli ultimi dati a disposizione pre-pandemia, quando dunque non erano attive le restrizioni al movimento, la capacità di mettere a frutto il potenziale offerto dai servizi è un punctum dolens piuttosto evidente e generalizzato per le farmacie. Secondo i dati del Rapporto Annuale sulla Farmacia 2019, il 73% dei cittadini intervistati si dichiara a conoscenza del fatto che la farmacia offra servizi, oltre alla vendita dei farmaci. Ma i dati di coloro che effettivamente li utilizzano scendono drasticamente: il servizio sanitario che raccoglie più adesioni è quello della misurazione del peso o della pressione (25%), fino ad arrivare al mero 7% dei servizi di telemedicina. Senza dubbio, la cifra che balza più all’occhio è il 57% di persone che dichiarano di utilizzare il servizio di raccolta dei medicinali usati. Siamo dunque in presenza di un’awareness alta che precipita al momento della consideration, soprattutto per quei servizi specificamente “health” che dovrebbero invece contrassegnare il ruolo attivo della farmacia all’interno del Servizio Sanitario Nazionale. I dati non stupiscono (incluso quello sulla raccolta dei farmaci usati), se li incrociamo con quelli relativi all’immagine del farmacista e soprattutto della famacia. Laddove il professionista in camice bianco è riconosciuto dal 65% degli intervistati come riferimento fondamentale per la salute (opposto al 35% che lo vede come un semplice operatore commerciale), il luogo-farmacia fa registrare un’opinione molto più “spaccata”: il 51% lo ritiene un importante presidio integrato nel SSN, mentre un ragguardevole 49% lo considera semplicemente un esercizio commerciale specializzato.
Questi numeri suggeriscono la forte necessità di un’opera coordinata, massiccia e continuata di comunicazione, per trasformare l’awareness in un effettivo riorientamento dei comportamenti dei cittadini, nel segno di un effettivo utilizzo della farmacia per tutto ciò che essa può fornire in termini di prevenzione e salute.
La farmacia come spazio del retail: le aree di sviluppo.
Croce e delizia per le farmacie, dunque, l’ibridazione tra “presidio di salute” ed “esercizio commerciale” fa sì che il settore sia sottoposto, da un certo punto di vista, alle stesse sfide del comparto retail tradizionale; alle quali, tuttavia, si trova a dover rispondere con la difficoltà di dover mantenere immacolata la credibilità “health”, con il suo portato di attenzione disinteressata e primaria al benessere dei pazienti.
Dal punto di vista dell’offerta commerciale, l’ampliamento degli spazi della farmacia al settore del beauty è ormai un dato acquisito da tempo. La questione aperta in tal senso riguarda - anche in questo caso - l’effettivo sfruttamento del potenziale di questo “shop in the shop”. Rispetto a farmaci e integratori, i cosmetici beneficiano fortemente del fattore “experience” e in generale di un approccio alla vendita meno freddo e meramente espositivo. Come risolvere la contraddizione tra un settore beauty fortemente comunicante, normalmente con codici non sempre e necessariamente in linea con la sobrietà tipica del pharma, e la necessità di non “de-specializzare” eccessivamente l’immagine health della farmacia?
Naturalmente, il primo alleato sta nella forza e nel posizionamento dei brand proposti. Quando le marche “parlano da sole”, attraverso un percepito in linea con la connotazione scientifica della farmacia, una parte del problema è risolto. Tuttavia, in questo modo il farmacista-retailer lascia completamente nelle mani del cliente tutte le fasi del customer journey, awareness inclusa. Laddove è possibile, ricavare un corner presidiato da un membro dello staff rappresenta sicuramente un asset vincente, anche e soprattutto per allargare all’area beauty la capacità consulenziale che i clienti riconoscono al proprio farmacista di fiducia. L’altra faccia della medaglia, va da sé, rappresenta l’impiego di risorse rispetto a un comparto che non rappresenta ancora il core business dell’azienda-farmacia: un investimento (anche in termini di spazio) che certamente non tutte le farmacie si possono permettere.
L’identità ibrida health/retail non rappresenta una sfida solamente per i farmacisti, ma anche per le aziende produttrici di farmaci e integratori. Per i prodotti a maggiore diffusione, rispetto ai quali anche le spese in termini di comunicazione non sono indifferenti (dalla tv all’online), la disomogeneità del layout delle farmacie rappresenta un ostacolo non irrilevante per quanto concerne la visibilità. Dalla diversa collocazione dei prodotti di farmacia in farmacia, alla difficoltà di tracciare un path to purchase realistico, nel momento in cui il percorso dall’entrata al banco presenta infinite variabili, richiamare l’attenzione allo scaffale (a partire dal famoso “first moment of truth” del pack) diventa un’impresa titanica, soprattutto a paragone di quanto avviene, ad esempio, nella GDO. Senza contare che vanno ancora verificate quali saranno le conseguenze di lungo periodo del Covid-19 in termine di fruizione degli spazi chiusi condivisi da parte dei clienti.
La sfida digitale
Immancabile in ogni riflessione sul futuro di qualsiasi settore tradizionale è il tema della digitalizzazione. Un argomento che, per molti versi, si intreccia con il precedente. I touchpoint digitali rappresentano infatti un presidio sempre più irrinunciabile, anche in virtù dell’accelerazione che la pandemia ha dato a modalità d’acquisto quali l’e-commerce e il delivery.
Proprio da questi due fenomeni nascono opportunità e minacce per le farmacie: soprattutto per quelle più piccole, dunque non inserite nei circuiti della vendita online delle catene o addirittura delle nuove realtà operanti esclusivamente sul web, che riescono a proporre sconti e omaggi interessanti tanto per l’acquirente quanto per l’e-tailer e le case farmaceutiche, in quanto boost per il trial.
Alla difficoltà di organizzarsi per la vendita online fa da contrappeso la progressiva maturazione del segmento delivery, soprattutto in ambito food ma non solo, a cui la pandemia ha impresso una notevole accelerazione, facendolo entrare di prepotenza nelle abitudini degli italiani. La “vicinanza” al cliente, fisica ed emotiva, della farmacia di fiducia, offre ai farmacisti la chance di aggiungere ai propri servizi quello della consegna a domicilio, o del ritiro presso l’esercizio di un ordine effettuato in precedenza, senza la seccatura della coda (ed eventualmente il disagio della compresenza in un mondo ancora afflitto dalle varianti del Covid-19). Non a caso, sono sempre di più gli esercizi di prossimità che trovano in whatsapp un canale di dialogo con i propri clienti, ed anche le farmacie si stanno via via inserendo in questo trend. Tuttavia, laddove categorie diverse di punti vendita (pensiamo ad esempio all’abbigliamento) possono instaurare un vero e proprio dialogo con la clientela fidelizzata, presentando novità e invitando alla scoperta, difficilmente le farmacie potranno spingersi massicciamente verso un uso “push” delle app di messaggistica, stante l’ineludibile “delicatezza” del tema health rispetto alla sensibilità e alla privacy delle persone. Ma forse, potrebbe di nuovo essere la dermocosmesi, con la sua componente beauty (e dunque non lontanissima da mondi quali quello del fashion), a prestarsi a un rapporto più diretto e confidenziale tra farmacia e pubblico. Una parentesi a parte la meritano i social media, rispetto ai quali resta il grande interrogativo: per quale ragione dovrei seguire la mia farmacia su Facebook o Instagram? Difficilmente, ancora una volta, la piccola farmacia dispone dei “muscoli” per gestire un piano editoriale più complesso di una semplice vetrina. Diverso è il discorso, tuttavia, qualora la farmacia diventi un piccolo o grande hub di eventi (approfondimenti con esperti, presentazioni di prodotti), rispetto ai quali le risorse offerte dai social media per trasformarli in appuntamenti con una buona risonanza online non vanno trascurate.
Last but not least, dalla digitalizzazione arrivano anche stimoli già ben conosciuti dagli addetti ai lavori del retail, quali ad esempio gli scaffali digitali, che consentono di liberare spazi e offrire un’esperienza più hi-tech e diretta ai clienti, o i servizi di footfall intelligence per conoscere dati precisi sull’accesso dei clienti, fino alla più semplice (ma non trascurabile) presenza su Google My Business.
Il futuro è già arrivato
Che si tratti di realtà piccole o grandi, collocate nel centro di una grande città o in un paesino di provincia, le farmacie non possono permettersi di restare in attesa mentre il futuro corre veloce. Se le considerazioni relative ai servizi riguardano verosimilmente un problema di comparto, le sfide del retail e della digitalizzazione, soprattutto in presenza di forte concorrenza, possono decisamente fare la differenza tra farmacie in grado di intercettare le evoluzioni della clientela e luoghi a forte rischio di obsolescenza nel medio termine.